Diete vegetariane e salute: cosa c’è di “vero”?

diete vegetariane e salute
11 min tempo di lettura

A cura di Gruppo di Studio “Diete Vegetariane” della Società Italiana di Nutrizione Umana

Claudia Agnoli, Luciana Baroni, Iacopo Bertini, Salvatore Ciappellano, Alessandra Fabbri, Silvia Goggi, Daniela Metro, Mattia Papa, Rosella Sbarbati, Maria Laura Scarino, Nicoletta Pellegrini, Sabina Sieri

Si parla molto, negli ultimi anni, dei possibili vantaggi per la salute che si potrebbero avere seguendo una dieta vegetariana. Vediamo cosa ci dice la ricerca scientifica.

Sempre più persone, in Italia e nel resto del mondo, decidono di seguire una dieta vegetariana, la maggior parte delle quali per motivi etici. Ma non solo. Alcuni decidono di cambiare stile alimentare in quanto le agenzie governative e le organizzazioni di salute e nutrizione enfatizzano sempre di più come il consumo regolare di alimenti di origine vegetale apporti benefici alla salute e aiuti a prevenire lo sviluppo di alcune malattie.

Dagli anni ’50-’60 del secolo scorso ad oggi, la dieta degli italiani, così come quella dei paesi occidentali sviluppati, ha visto un progressivo abbandono della dieta mediterranea con la sempre maggiore sostituzione di alimenti di origine vegetale con quelli di derivazione animale (carne, salumi, formaggi ecc.). Si parla, per questo motivo, di “occidentalizzazione della dieta”. Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato come questo sia un fattore importante nell’insorgenza di patologie cronico-degenerative, come le malattie cardiovascolari e i tumori, ed hanno individuato nell’adesione a un modello alimentare basato principalmente sul consumo di alimenti vegetali salutari (cereali integrali, legumi, frutta e verdura) un obiettivo di sanità pubblica.

Per cercare di riassumere lo stato della ricerca sulle diete vegetariane, e fare chiarezza, dando un giudizio equilibrato e bilanciato di tutti gli studi scientifici pubblicati sull’argomento, la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha deciso di costituire, nel 2012, un gruppo di lavoro ad hoc.

Ma partiamo, innanzitutto, definendo chi può essere considerato un “vegetariano” e i diversi stili alimentari di dieta vegetariana che vengono seguiti dalle persone.

Diversi tipi di dieta vegetariana

Qualsiasi tipo di dieta vegetariana (V) esclude il consumo di tutti i tipi di carne (suino, manzo, montone, agnello, pollame, selvaggina ecc.), prodotti a base di carne (salsicce, insaccati, patè, ecc.), pesce (incluso il sushi), molluschi e crostacei. In base poi all’inclusione o meno di latticini/formaggi, uova e miele, possiamo distinguere due tipi fondamentali di dieta vegetariana:

  1. Latto-ovo-vegetariana (LOV). Include latticini, uova e miele, insieme a un’ampia gamma di alimenti di origine vegetale. Le sottocategorie sono la dieta latto-vegetariana (LV), che esclude le uova, e la ovo-vegetariana (OV), che esclude i latticini.
  2. Vegana (VEG). Esclude latticini, uova e miele ed è basato su un’ampia gamma di alimenti di origine vegetale. I profili nutrizionali delle diete LOV e VEG variano molto in relazione a tipo, quantità e grado di lavorazione degli alimenti vegetali consumati; per le diete LOV la variabilità è maggiore, dato che includono anche prodotti di origine animale. Il consumo di tutti i cibi appartenenti ai vari gruppi alimentari previsti dai due schemi dietetici, senza limitazioni di categorie di alimenti né di modalità di preparazione e cottura, unitamente all’attenzione nei confronti dei nutrienti critici, è la principale caratteristica di una dieta vegetariana ben pianificata.

Esistono infatti dei tipi di dieta, a base prevalentemente/esclusivamente vegetale, che limitano il tipo di alimenti consumati e che devono essere chiaramente distinte dalle diete LOV e VEG. Tra di esse troviamo:

  • dieta crudista: costituita esclusivamente da alimenti vegetali consumati prevalentemente crudi, quali cereali e legumi germogliati, frutta fresca e a guscio e semi, ma anche uova e latte;
  • dieta fruttariana: costituita esclusivamente da frutta fresca e a guscio, semi e alcune verdure;
  • dieta macrobiotica: la versione strettamente vegetariana di questa dieta comprende cereali, legumi, frutta, verdure, alghe e prodotti a base di soia; i latticini, le uova, alcune verdure e alcuni frutti vengono esclusi. Alcuni macrobiotici consumano anche il pesce.

A questo proposito, è bene dire che nel nostro lavoro di revisione di tutta la letteratura scientifica gli articoli scientifici che abbiamo considerato, così come le conclusioni raggiunte (paragrafo successivo), riguardano le diete LOV e VEG seguite nei Paesi occidentali e asiatici; di conseguenza, le raccomandazioni scaturite riguardano questi tipi di diete, generalmente definite come “vegetariane”. L’adeguatezza nutrizionale delle diete crudiste, fruttariane e macrobiotiche è stata analizzata da un numero esiguo di studi; i benefici per la salute, spesso decantati sul web, relativi a queste diete non sono supportati dalle evidenze scientifiche finora disponibili e in molti casi queste diete potrebbero essere nutrizionalmente non adeguate.

Prima revisione della letteratura scientifica

Come punto di partenza abbiamo provveduto ad una revisione sistematica della letteratura per valutare quanto le diete vegetariane fossero in grado di fornire tutti i nutrienti e l’energia in tutte le età della vita (pediatrica, adulta, senescenza) e nelle condizioni fisiologiche che richiedono attenzioni specifiche (gravidanza, allattamento, atleti). In particolare, è stato valutato quanto una dieta vegetariana riesca a coprire il fabbisogno di nutrienti che si ritiene possano essere carenti in una dieta non ben pianificata: proteine, vitamina B12, ferro, zinco, calcio, vitamina D e acidi grassi omega-3. Lo scopo finale di questo lavoro era quello di stilare dei consigli scientificamente rigorosi per la popolazione italiana su come massimizzare i benefici e minimizzare i rischi derivanti dal seguire i diversi tipi di dieta vegetariana: tutto ciò è stato pubblicato nel 2018 ed è consultabile liberamente sia in formato divulgativo (1)1 sia come pubblicazione scientifica (2)2.

I nutrienti chiave

Dalla letteratura scientifica emerge come una dieta vegetariana che includa un’ampia gamma di prodotti vegetali fornisca un adeguato apporto di nutrienti in tutte le fasi del ciclo vitale. È opportuno prestare attenzione ad alcuni nutrienti chiave, che potrebbero non essere sempre presenti in quantità adeguate in alcuni tipi di diete vegetariane.

In particolare, dal momento che la digeribilità delle proteine vegetali è inferiore a quella delle proteine animali, è opportuno che i vegetariani introducano un quantitativo di proteine superiore del 5-10% – obiettivo raggiungibile, peraltro, molto facilmente – rispetto a quello raccomandato per la popolazione generale. I vegetariani dovrebbero inoltre integrare la loro dieta con una fonte affidabile di vitamina B12 (alimenti fortificati o, meglio, integratori). Si raccomanda inoltre il consumo abituale di alimenti che costituiscano una buona fonte di calcio, ferro e zinco, in particolare verdure con un basso contenuto di ossalati e fitati (es. Brassicacee), bevande vegetali fortificate, frutta oleosa, semi e acque minerali ricche di calcio. Dal punto di vista della preparazione degli alimenti, la biodisponibilità (ovvero la percentuale del nutriente che viene effettivamente utilizzato dall’organismo rispetto alla quantità totale introdotta con la dieta) di ferro, zinco e calcio può essere migliorata tramite l’ammollo, prima della cottura, o anche grazie alla germinazione dei chicchi di cereali e legumi, così come dal processo di lievitazione delle farine con un lievito madre: tutti questi processi/preparazioni abbassano il contenuto di fitati nei legumi e nei cereali, rendendo più facilmente assorbibili i minerali. Infine, i vegetariani possono assicurarsi un adeguato stato nutrizionale degli acidi grassi omega-3 grazie al consumo abituale di buone fonti di acido α-linolenico (noci, semi di lino, semi di chia e oli da essi derivati) e la limitazione del consumo di acidi grassi saturi e acidlo linoleico (es. olio di mais e di girasole) e di acidi grassi saturi (cocco, palma, burro, ecc).

Seconda revisione della letteratura scientifica

Una volta stabilito come pianificare una dieta vegetariana per raggiungere l’adeguatezza nutrizionale, il passo successivo è stato quello di verificare se chi segue una dieta vegetariana possa avere dei riscontri in termini di salute migliori. In particolare, abbiamo preso in considerazione il rapporto tra diete vegetariane e i diversi fattori di rischio per l’insorgenza di patologie cardiovascolari e metaboliche (3)3. Per far questo, abbiamo identificato le seguenti patologie e ricercato nelle banche dati tutti i lavori pubblicati che avessero messo in relazione la singola patologia con il tipo di dieta: a) patologie vascolari (infarto, ictus, patologia coronarica ecc.), b) sovrappeso e obesità, c) dislipidemie (valori di colesterolo e trigliceridi elevati, steatosi epatiche ecc.), d) ipertensione (ipertensione, eclampsia gravidica ecc.), e) diabete di tipo II, f) sindrome metabolica.

Vediamo i risultati con ordine.

Patologie vascolari (PV)

I risultati, complessivamente, non sono univoci e concordi. Negli studi condotti in Europa negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso (Health Food Shoppers Study, Oxford Vegetarian Study, German Vegetarian Study) fu trovato un rischio di mortalità equivalente tra V e non vegetariani (NV) per ciò che riguarda patologie circolatorie, cerebrovascolari e cardiache-ischemiche. Al contrario, gli studi condotti negli Stati Uniti sulla popolazione degli Avventisti hanno messo in evidenza una riduzione del rischio di mortalità per ischemia cardiaca (-26%) e per patologia cerebrovascolare (-35%) per coloro che seguono una dieta V. Più recentemente, secondo lo studio EPIC-Oxford, i V hanno un rischio di ischemia cardiaca ridotta del 32% e 22% (due differenti studi nell’ambito del più ampio EPIC-Oxford) rispetto ai NV. Per quanto riguarda il rischio di ictus, ad eccezione dello studio EPIC-Oxford, in cui si è registrato un aumento del 20% tra i V rispetto ai NV, tutti gli altri studi non hanno evidenziato differenze con i NV oppure una riduzione del rischio di patologie cerebrovascolari in coloro che seguivano una dieta V.

Sovrappeso e obesità

Rispetto ad una dieta NV, seguire una dieta V, e soprattutto VEG, comporta una riduzione del rischio di aumentare di peso, nel corso della vita. Anche per ciò che riguarda il calo ponderale, la maggior parte degli studi clinici (17 su 22) indicano che seguire una dieta V, e soprattutto una dieta vegana a basso contenuto di grassi, porta a una perdita di peso maggiore rispetto ad una dieta NV. Negli altri 5 studi invece non ci sono state differenze tra V e NV.

Dislipidemie

Solo uno studio (di coorte) ha valutato gli effetti di una dieta V nei confronti di una NV sui lipidi plasmatici, con risultati positivi per quanto riguarda i valori di colesterolo totale e LDL-colesterolo (“cattivo”), ma non per l’HDL-colesterolo (“buono”). Nella maggior parte dei 30 studi clinici randomizzati (RCT) che abbiamo analizzato, invece, la dieta V ha portato complessivamente, rispetto ad una dieta NV, ad un miglioramento dei valori di colesterolo totale, e ad una riduzione di quello LDL, ma diminuendo anche quello favorevole HDL. Di contro, la dieta V non ha inciso sui valori di trigliceridi, almeno nella maggioranza degli studi. Solo pochi studi hanno valutato ciò che sembra più importante, secondo le ultime “tendenze” della ricerca, vale a dire l’effetto dei diversi tipi di dieta sul rapporto, più che sul semplice valore assoluto, tra il colesterolo totale (o l’LDL) e quello HDL oppure tra i trigliceridi e l’HDL: per questo aspetto, i risultati che provengono dai diversi studi sono ancora abbastanza controversi.

Ipertensione

Gli studi clinici (RCT) mostrano che la sostituzione di cibi animali con quelli vegetali può contribuire alla riduzione della pressione sanguigna sia nelle persone normotese sia in quelle che soffrono di ipertensione.

Diabete di tipo II

Negli studi di coorte presenti in letteratura c’è una generale tendenza ad una diminuzione del rischio di insorgenza di diabete mellito nelle persone che seguono diete V, tuttavia in alcuni di questi studi le differenze nell’indice di massa corporea (IMC) dei partecipanti (maggiore IMC, in genere, nei soggetti NV) potrebbero aver influito su queste conclusioni. Tra i 26 RCT presi in considerazione, 13 studi hanno trovato un effetto protettivo delle diete V o VEG rispetto ad una dieta NV, mentre un’altra decina di ricerche non ha trovato differenze. Gli altri 3 studi hanno considerato pochi soggetti per cui i risultati sono poco rilevanti.

Sindrome metabolica

È stato trovato nella letteratura scientifica solamente uno studio di coorte che abbia valutato il rischio associato al consumo di diete V rispetto a NV, per cui è difficile poter trarre delle conclusioni fondate.

Discussione e conclusioni

Le diete vegetariane ben pianificate possono soddisfare le richieste energetiche e di nutrienti dell’organismo in tutte le fasi della vita. Per quanto riguarda gli effetti che una dieta vegetariana può avere sulla nostra salute possiamo dire che, complessivamente, questi sono senz’altro positivi. Le molecole e i meccanismi responsabili di questa azione positiva sono spesso specifici per tipo di patologia ma più frequentemente riguardano vie metaboliche, e sinergie tra molecole, che interessano la eziopatogenesi di più malattie. Un eccessivo consumo di prodotti di derivazione animale può comportare un’assunzione eccessiva di proteine, grassi saturi, ferro-eme e la formazione di ossido di trimetilamina (TMAO), che secondo alcuni studi potrebbe promuovere la formazione di placche aterosclerotiche e quindi lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

Le diete ricche di alimenti di origine vegetale, come appunto quelle vegetariane (intese come latto-ovo-vegetariane e vegane) e la mediterranea, invece, apportano maggiori quantità di carboidrati complessi, fibre, acidi grassi polinsaturi e diversi micronutrienti (minerali e vitamine) oltre, e forse soprattutto, a composti fitochimici (carotenoidi, flavonoidi, terpeni ecc.) che si stanno rivelando sempre più molecole importanti per la nostra salute generale, agendo in maniera sinergica tra loro quando sono assunti con gli alimenti. Inoltre, le diete ricche di alimenti vegetali si associano ad un ridotto stress ossidativo e ad una minor stato infiammatorio, ad una migliore funzionalità endoteliale e ad un’aumentata sensibilità all’insulina.

Bibliografia

  1. https://sinu.it/wp-content/uploads/2019/06/documento-diete-veg-esteso-finale-2018.pdf ↩︎
  2. Agnoli C, Baroni L, Bertini I, Ciappellano S, Fabbri A, Papa M, Pellegrini N, Sbarbati R, Scarino ML, Siani V, Sieri S. Position paper on vegetarian diets from the working group of the Italian Society of Human Nutrition. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2017 Dec;27(12):1037-1052. ↩︎
  3. Agnoli C, Baroni L, Bertini I, Ciappellano S, Fabbri A, Goggi S, Metro D, Papa M, Sbarbati R, Scarino ML, Pellegrini N, Sieri S. A comprehensive review of healthy effects of vegetarian diets. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2023 Jul;33(7):1308-1315.  ↩︎